Cesare Fregola è professore di “Metodologia e tecnica del gioco e dell’animazione”  nel Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria, presso l’Università Roma Tre e  di “Didattica della matematica per l'integrazione", nello stesso corso di laurea, presso l’Università di L'Aquila, dove svolge anche il Laboratorio di Pedagogia Sperimentale.

Insegna in alcuni Master a Roma e in Calabria sui temi della progettazione formativa di sistema e sulla comunicazione fra ruoli nella complessità.

E’ PTSTA in ambito Educativo dell'EATA (European Association Transactional Analysis) e membro del direttivo dell'ITA (Istituto italiano di Analisi Transazionale). Coordina il Master analitico transazionale nei campi educativi e formativi presso la sede Performat di Roma.

Conosco da tempo Massimiliano Ruggiero, avendo condiviso con lui un passato professionale in Banca Generali, e vorrei cercare di ragionare brevemente nelle righe che seguono sulla peculiarità del percorso che lo ha condotto alla scelta di intraprendere, da adulto, un percorso universitario.

Io penso che al momento di concepire un’attività formativa sia sempre opportuno fare un piccolo passo indietro, che permetta di intendere la formazione non come semplice supporto allo sviluppo delle conoscenze e delle competenze, o come conseguenza di innovazioni di prodotto o di modelli organizzativi, ma serva a collocare l’atto formativo all’interno di un sistema. Ora, “sistema” è un concetto generale, che viene di volta in volta definito in termini di sottosistemi, di funzioni e azioni, e la scelta di una metafora, oltre a rappresentare un obiettivo, ha a che fare con una concezione della formazione che vede la persona al centro del ruolo attualmente ricoperto e di quello che ricoprirà in prospettiva all’interno dell’organizzazione in cui svolge la propria attività professionale. Si tratta di un’interazione continua che definisce la rilevazione dinamica del fabbisogno formativo. Ciò  implica che se, da un lato, occorre la tecnica nell’ideazione e nella progettazione dell’attività formativa, dall’altro è necessario un monitoraggio incessante non solo del fabbisogno ma anche dell’evoluzione del ruolo all’interno dell’organizzazione. Se si elegge a metafora il rugby lo si fa  perché questo sport racchiude dinamiche complesse che non sono riproducibili in aula e, di conseguenza, non possono essere oggetto di una formazione tradizionale, in chiave di contenuti o di competenze, ma neppure in chiave di vissuto esperienziale, in quanto l’outdoor training o altro sono comunque simulazioni, costruzioni artificiali. Il bello del rugby va ricercato in quella dinamica interna all’organizzazione dell’ambiente che - per immersione, per vissuto, per esperienza - innesca processi interni alla persona che vanno a loro volta a definire i processi che entrano in campo nell’apprendimento del ruolo. In questa chiave, un conto è che l’atto formativo lo faccia l’esperto che fa formazione per mestiere e che offre un prodotto, un conto è che – come nel caso di Massimiliano Ruggiero - lo faccia un manager in possesso di una sensibilità formativa e con competenze nella gestione e nello sviluppo delle risorse umane, competenze messe in gioco e affinate grazie al percorso di formazione universitaria. Massimiliano è stato giocatore di rugby, poi allenatore, poi istruttore di  uomini; ha fatto vendita e consulenza ai clienti e dunque sa cosa sia il supporto, il sostegno, la relazione di aiuto, la relazione di sviluppo, ed è consapevole di come tutto ciò richieda una sintesi che, nel suo caso, è coincisa con la collaborazione con il gruppo di lavoro che fa capo alla cattedra della prof.ssa Peja, una sorta di laboratorio multitasking, impegnato nella ricerca non di semplici sintesi ma di modalità per supportare la riproducibilità di un’esperienza e farla assurgere a livello di modello. Personalmente ho in comune con Massimiliano numerose esperienze di progettazione e realizzazione di attività formative, che vanno da un prodotto “semplice” come il recruiting, orientato alla costruzione di un’intervista di selezione, fino a esperienze più complesse, imperniate sulla gestione della persuasione per motivare al cambiamento le persone in un’ottica sistemica che comporti una rivisitazione dei meccanismi operativi, dei ruoli, delle funzioni, dei criteri per lo sviluppo organizzativo. Questo mix di sviluppo e implementazione del know how non poteva vedere all’opera il solo formatore esperto di metodica e di apprendimento degli adulti ma neppure il solo esperto di prassi. La scelta di Banca Generali è stata quella di co-condividere, di costruire insieme un percorso che non vivesse della sola testimonianza di Massimiliano ma nemmeno della mia esclusiva professionalità da metodologo; una scelta che ha portato a parlare con una voce sola in funzione di tre principi fondamentali:

-          la persona è sempre al centro

-      la persona costruisce il ruolo in un’organizzazione che si modifica, si trasforma e si adatta continuamente      all’ambiente

-          la persona è il punto di partenza per la rilevazione dinamica del fabbisogno, per la progettazione di  qualsiasi attività formativa, per la scelta di tecniche, metodi, modelli strumenti e modalità di verifica e di valutazione del processo di apprendimento.

Ciò significa non limitarsi all’apprendimento del contenuto o al trasferimento del contenuto sul campo ma integrare l’apprendimento e il trasferimento sul campo con la capacità di autoefficacia  delle persone, con la loro consapevolezza di avere acquisito una competenza meta, la competenza di saper monitorare il proprio sviluppo. Il manager Massimiliano e gli altri area manager con i quali ho avuto il piacere di collaborare in questi anni hanno depositato in questo processo la ricchezza del loro ruolo e tutto il loro know how organizzativo.

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