Dal rugby all'azienda

 

Da ex giocatore e allenatore, sono convinto che il rugby possa dare tanto all’azienda. So bene di non essere il primo, né l’unico, ad affermare una cosa del genere; lo testimonia il fatto che il rugby è sempre più spesso utilizzato in formazione, in particolare nell’outdoor training e, d’altra parte, non può essere un caso che tanti ex campioni – uno fra tutti John Kirwan – svolgano oggi l’attività di  formatori e di consulenti aziendali. Non voglio caricare di eccessivi significati questa considerazione, affermando che un’azienda “rugby-oriented” sia automaticamente destinata a primeggiare sulle altre, ma non può sfuggire quanto sia importante che anche nel campo bancario e finanziario vi siano oggi soggetti che adottano i valori fondanti del rugby – il rispetto delle regole, la correttezza e il gioco di squadra – per promuovere il proprio  brand. Non solo. Il rugby può anche essere, a mio avviso, un formidabile modello organizzativo che può incentivare in misura significativa le sorti di un’azienda e può contribuire a creare un clima cooperativo e fattivo nei gruppi di lavoro. In una squadra di rugby c’è posto per tutti - grandi, piccoli, potenti o agili – e ognuno può dare il suo contributo al successo finale, a patto che cooperi con gli altri, non si estranei mai dal gioco, rispetti le strategie decise e sostenga l’azione dei compagni. Una rete di promotori finanziari dovrebbe funzionare allo stesso modo: se tutti i suoi membri sono pronti a impegnarsi al massimo per raggiungere l’obiettivo comune – quello di realizzare budget - guadagnandosi la fiducia del cliente in virtù dell’impegno e della correttezza profuse, l’azienda avrà una marcia in più, a prescindere dal pensiero strategico che guida il suo ruolo sul mercato. 

 

 

 

 

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