Il "sostegno" nel rugby e nel lavoro

 

Nella nostra professione il rispetto dei ruoli e dei compiti è spesso determinante per una buona prestazione di “squadra” ma, esattamente come accade nello sport, è indispensabile che tali ruoli siano espressione di una dimensione collettiva e di strategie condivise. Un insieme di individui non costituisce necessariamente un gruppo, che richiede – per essere definito tale - l’interazione tra coloro che lo compongono. D’altra parte, un gruppo – inteso semplicemente come un insieme di persone che svolgono delle attività per raggiungere un obiettivo comune - non è sinonimo di squadra, definizione che allude piuttosto a un gruppo orientato al compito e alla prestazione, i cui componenti sono interdipendenti, desiderano raggiungere un obiettivo condiviso e sviluppano un’identità collettiva. Tutte caratteristiche che vanno ben al di là della semplice somma delle qualità dei singoli e dei ruoli organizzativi che essi ricoprono. Una squadra, insomma, esprime un’intelligenza collettiva che la predispone all’apprendimento e al cambiamento ed è contraddistinta dal senso di appartenenza e dal sentirsi parte di un progetto che lega i suoi  componenti. Nel rugby questo senso di appartenenza è racchiuso nel concetto di “sostegno” e si traduce, sul campo, nell’emozionante percezione di essere costantemente “protetto” dai propri compagni in tutte le fasi di gioco – in particolare in quelle più complesse e rischiose -, nella consapevolezza che la propria perfomance individuale sarà supportata dal resto della squadra. Da giocatore di rugby e poi in azienda ho sperimentato che avere fiducia nei propri compagni aumenta la fiducia in se stessi e contribuisce in maniera determinante sulla prestazione del singolo e del collettivo e, forse, è proprio questo che può fare di una squadra una squadra vincente.

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